La perdita della
libertà personale nell’antico ordinamento giuridico romano
1. Parallelismo tra l’ordinamento giuridico italiano contemporaneo e l’antico
ordinamento giuridico romano in materia di titolarità in capo a ciascun soggetto
della libertà personale.
2. Cause di perdita della libertà personale previste dall’ordinamento giuridico
di Roma antica
2.1 La prigionia di guerra;
2.2 La noxae deditio, consegna eterodeterminata ad altro soggetto per la
soddisfazione di una legittima pretesa vantata da costui nei confronti
dell’esercente la potestà sulla persona oggetto della medesima consegna;
2.3 L’ addictio, assegnazione disposta dal magistrato del debitore insolvente al
creditoe insoddisfatto;
2.4 La renitenza alla leva militare obbligatoria;
2.5 La sottrazione all’iscrizione nelle liste del censo;
2.6 La commissione di particolari reati
3. Conclusioni.
4. Bibliografia
1. Parallelismo tra l’ordinamento giuridico italiano contemporaneo e l’antico
ordinamento giuridico romano in materia di titolarità in capo a ciascun soggetto
della libertà personale
L’ordinamento giuridico italiano contemporaneo contempla l’importante
fondamentale principio secondo cui la libertà personale -- in qualsiasi
esplicazione -- di ciascun soggetto è bene, anzi valore, connaturato all’essenza
dello stesso e pertanto inviolabile se non a seguito di provvedimento motivato
assunto con l’osservanza di particolari procedure dall’autorità giudiziaria al
fine di sanzionare i comportamenti lesivi di interessi meritevoli di tutela o
pericolosi per l’incolumità pubblica.
Nell’antico ordinamento giuridico romano, la libertà personale è quasi un lusso:
un soggetto non nasce infatti necessariamente libero e pur quando goda di simile
fortuna può facilmente perdere lo status libertatis.
2. Cause di perdita della libertà personale previste dall’ordinamento
giuridico di Roma antica
I nati da madre libera -- così come gli schiavi in qualsivoglia modo liberati --
sono titolari della libertà personale, di cui possono essere privati per effetto
del verificarsi di molteplici e svariati fenomeni, ossia
· la prigionia di guerra;
· la noxae deditio, consegna eterodeterminata ad altro soggetto per la
soddisfazione di una legittima pretesa vantata da costui nei confronti
dell’esercente la potestà sulla persona oggetto della medesima consegna;
· l’addictio, assegnazione disposta dal magistrato del debitore insolvente al
creditore insoddisfatto;
· la renitenza alla leva militare obbligatoria;
· la commissione di particolari reati.
Tuttavia, a ben pensare, anche i soggetti che nascano liberi non lo sono
propriamente finché la persona nella cui potestate si trovino non passino a
miglior vita (e, dunque, in caso di premorienza mai saranno liberi)
(2.1 La prigionia di guerra)
Secondo un principio sancito dal diritto internazionale dell’antichità (ius
gentium), il soggetto catturato dal nemico di guerra straniero diviene schiavo
non tanto della persona sotto la cui arma sia capitolato ma del popolo cui
costui appartenga (difatti gli individui ridotti in schiavitù sono acquisiti da
un’autorità pubblica che si occupa successivamente della loro vendita ai
privati).
Ancora oggi, del resto, gli Stati che con le proprie forze militari conducano
con successo un conflitto contro un altro Stato non esitano ad avocare e
reclamare l’imposizione della propria supremazia e l’esercizio di un ruolo
primario nell’instaurazione della nuova organizzazione politica nei territori
espugnati.
Come dire: uno Stato guerreggia, vince e vuole essere giustamente remunerato!
E’ da sottolineare però che la perdita della libertà di un prigioniero di guerra
è inefficace entro i confini del territorio nazionale romano, tanto che il
soggetto medesimo rientrato in patria è libero in quanto reintegrato -- per
effetto del disposto della lex Cornelia de captivis, rogata nell’81 a.C. -- in
tutti i rapporti personali e patrimoniali integranti il proprio patrimonio prima
della cattura (ad eccezione del matimonio e del possesso, a causa di motivi
strettamente legati alla natura di questi istituti): si tratta dei benefici del
ius postliminii.
(2.2 La noxae deditio, consegna eterodeterminata ad altro soggetto per la
soddisfazione di una legittima pretesa vantata da costui nei confronti
dell’esercente la potestà sulla persona oggetto della medesima consegna)
Come già accennato, la noxae deditio è la consegna che il dominus di un soggetto
ne effettui a favore di altri vantante una legittima pretesa nei propri
confronti.
Detta pretesa può derivare dall’accertata responsabilità penale del soggetto
alieni iuris nei confronti dell’offeso dalla condotta criminosa posta in essere:
da tale responsabilità che si trasferisce in capo al soggetto esercente la
potestà, costui -- altrimenti obbligato a corrispondere l’importo integrante la
pena -- può liberarsi proprio attraverso la consegna dello stesso filius/pupillus
colpevole al medesimo soggetto offeso.
La noxae deditio si realizza attraverso il compimento di tre mancipationes,
cosicchè si producano gli effetti dell’estinzione in capo al dominus e
dell’acquisizione in capo all’offensus del mancipium/dominium sul reus
consegnato.
Una particolare forma di dazione nossale è quella esercitata da uno Stato su un
proprio organo che abbia col proprio comportamento leso l’interesse di un altro
Stato e finalizzata ad evitare l’apertura di una crisi diplomatica (la si può
intendere come una tipologia estraditiva ante litteram).
(2.3 L’addictio, assegnazione disposta dal magistrato del debitore insolvente
al creditore insoddisfatto)
Per addictio, si ripete, bisogna intendere l’assegnazione disposta dal
magistrato del debitore insolvente al creditore insoddisfatto, ad esito del
vittorioso esperimento di un’apposita azione giudiziale (legis actio per manus
iniectionem) da parte dello stesso ultimo soggetto.
La sussistenza nell’antico ordinamento giuridico romano di simile istituto
dimostra come la natura del vincolo obbligatorio sia personale e non
patrimoniale (come fortunatamente esso si connota in tutti i sistemi legislativi
contemporanei).
In particolare, il creditore insoddisfatto vincitore della lite ha facoltà --
trascorsi trenta giorni dalla pronuncia della sentenza senza che l’obbligazione
sia stata adempiuta -- di chiedere al magistrato che abbia appunto accolto le
proprie ragioni l’assegnazione del debitore insolvente.
Una volta perfezionata l’addictio, il creditore assegnatario può tradurre il
debitore assegnato nel proprio carcere personale e tenervelo incatenato (pur con
l’obbligo di nutrirlo quotidianamente con razioni di cibo non inferiori a quelle
sancite nelle Leges Duodecim Tabularum) per un periodo di sessanta giorni; nel
corso di tale periodo, egli può altresì condurlo per tre giorni consecutivi nel
mercato onde consentire a chiunque di pagare il debito (e acquisire così la
proprietà del debitore) e in assenza di rivendicazioni scegliere se tenerlo come
schiavo o venderlo in territorio straniero (venditio trans Tiberim) o
addirittura ucciderlo.
(2.4 La renitenza alla leva militare obbligatoria)
L’inottemperanza al dovere di prestare il servizio militare è sanzionata con la
privazione della libertà: il soggetto renitente diviene schiavo dello Stato e
come tale venduto per conto e a profitto del popolo romano dai magistrati.
D’altronde i soggetti dell’ordinamento giuridico contemporaneo italiano gravato
dall’obbligazione militare sono puniti in caso di sua violazione con la
reclusione da uno a due anni (ex articoli 135 e ss. del D.P.R. 14 febbraio 1964
num. 237).
Si può ad esempio citare un episodio risalente al 187 a.C., quando il pretore
Claudio ordina la consegna ai Cartaginesi di Minucio Myrtilo e Manlio, colpevoli
di aver cagionato l’aggressione di alcuni ambasciatori cartaginesi.
(2.5 La commissione di particolari reati)
E’ altresì privato della libertà personale il soggetto dell’antico ordinamento
giuridico romano, che commetta alcuni particolari reati, sanzionati con la pena
della relegatio in insulam ossia della deportazione -- temporanea o perpetua, a
seconda dei casi -- in una località estremamente periferica o addirittura
proprio in qualche isola sperduta.
In dettaglio, possono patire la relegatio in insulam
· gli adulteri;
· gli stupratori;
· i lenoni;
· gli omicidi preterintenzionali (che abbiano causato cioè la morte di uno o più
soggetti attraverso la somministrazione di filtri antiabortivi/amorosi o a
seguito di maltrattamenti)
3. Conclusioni
In anni ormai lontani, il notissimo giurista pugliese Gaetano Contento ha
argomentato che nella libertà risiede l’essenza dell’uomo o della donna quale
soggetto di diritto.
Quasi contemporaneamente, un altro maestro della scienza giuridica rispondente
al nome di Pietro Perlingieri ha sostenuto che la libertà è per ciascun soggetto
di diritto la condizione necessaria all’esercizio di tutti gli altri diritti
fondamentali.
Guai allora a limitare la libertà personale con estrema facilità, a pena di
annientare l’entità umana del soggetto ristretto, vincolato.
Ipotesi di sola estrema necessità, tassativamente previste dalla legge, possono
giustificare la restrizione della libertà di un uomo o di una donna.
La libertà personale è un qualcosa di dovuto, non una conquista da custodire
gelosamente come nell’antico ordinamento giuridico romano: ma se tale è oggi la
configurazione dello status libertatis lo si deve proprio al sistema di diritto
della Roma di un tempo, che insegna – sebbene a contrario – che ogni soggetto
debba nascere e tendenzialmente crescere libero!
4. Bibliografia
Marrone, Istituzioni di diritto romano, Palermo, 1994
Sanfilippo, Istituzioni di diritto romano, Soveria Mannelli (Cz), 1996
Tocci, Il diritto obbligatorio dell’antica Roma, Civitavecchia (Roma), 2001
Volterra, Istituzioni di diritto romani, Roma, 1961