DANNI DA FUMO E RESPONSABILITÀ
DEI PRODUTTORI DI SIGARETTE
Breve commento alla sentenza numero 12729,
pronunciata dal Tribunale di Napoli, XI Sezione Civile,
in data 15 dicembre 2004
Università Statale degli Studi della Calabria
INDICE
1. Cenni preliminari: oggetto della sentenza e soggetti convenuti in
giudizio
2. La posizione della “British American Tobacco Italia” S.p.A.
3. La posizione della “Philip Morris” S.p.A. e della “Philip Morris”
s.r.l.
4. La posizione del Ministero della Sanità (oggi Ministero della Salute)
1. Cenni preliminari: oggetto della sentenza e soggetti convenuti in
giudizio
Interessante sentenza del Tribunale Civile di Napoli in materia di danni
da fumo.
L’organo giurisdizionale partenopeo di primo grado – nella persona del
magistrato Caterina Molfino, preposta alla undicesima sezione civile –
ha respinto la domanda di un fumatore colpito da patologie neoplastiche
legate al fumo di tabacco e intenzionato a ottenere il risarcimento del
conseguente danno derivato alla propria salute.
Il malcapitato attore aveva citato tre soggetti diversi in ragione di
differenti motivazioni.
· la società per azioni “British American Tobacco Italia”, già Ente
Tabacchi Italiani, quale produttore e distributore delle marche di
sigarette italiane fumate;
· la società per azioni “Philip Morris” nonché la società a
responsabilità limitata “Philip Morris”, quali distributrici in Italia
delle marche di sigarette estere fumate;
· il Ministero della Sanità (oggi Ministero della Salute) per non avere
proibito la vendita delle sigarette.
La domanda, come si diceva, è stata rigettata.
2. La posizione della “British American Tobacco Italia” S.p.A.
Nei confronti della società per azioni “British American Tobacco
Italia”, successore dell’Ente Tabacchi Italiani, il Giudicante ha
pronunciato provvedimento di estromissione.
Difatti l’Ente in questione è stato istituito con il Decreto Legislativo
09 luglio 1998 numero 231. Tale decreto ha determinato il subentro
dell’E.T.I. all’Amministrazione dei Monopoli di Stato soltanto in
relazione alle attività di produzione e commercializzazione dei tabacchi
lavorati, espressamente escludendo (all’articolo 3) l’aggressibilità del
patrimonio dello stesso in virtù di pretese risarcitorie sorte
successivamente alla data di costituzione.
Ogni ente risponde dei propri debiti, ancorché ad esso sia subentrato
nuovo ente dotato di autonomo patrimonio.
La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza numero 7258 pronunciata
dalla prima sezione civile in data 29 maggio 2001, ha escluso che
l’Amministrazione Provinciale di Prato dovesse rispondere di un debito
indennitario sorto in conseguenza di un procedimento espropriativo
avviato dall’Amministrazione Provinciale di Firenze su bene poi
assegnato al nuovo ente territoriale.
Detta sentenza è stata menzionata dal giudice decidente.
La citazione attorea era stata notificata nel 2000, sicché – in
applicazione della riferita norma – il Tribunale di Napoli ha declarato
la carenza di legittimazione passiva dell’ Ente Tabacchi Italiani.
3. La posizione della “Philip Morris” S.p.A. e della “Philip Morris”
s.r.l.
Nei confronti delle altre due società, la domanda attorea non ha trovato
accoglimento per ragioni di merito.
L’attore ha invocato l’applicazione delle norme sulla responsabilità
oggettiva per attività pericolosa (articolo 2050 del Codice Civile) e
sulla responsabilità da prodotto difettoso (Decreto Legislativo 24
maggio 1998 numero 224).
In ordine alla prima tipologia di responsabilità, è stato rilevato che
il fumo di sigaretta non è causa esclusiva dell’insorgenza di tumori,
anzi favorita da una serie di fattori ambientali concomitanti (come
dimostrato dalla più autorevole letteratura medica e, normativamente,
dal Piano Sanitario Nazionale approvato con Decreto del Presidente della
Repubblica del 23 luglio 1998).
Tra fatto ed evento dannoso – tanto nella responsabilità contrattuale
(ex articolo 1223 del Codice Civile) quanto in quella extracontrattuale
(ex articolo 2043 del Codice Civile) – deve sussistere un nesso di
causalità. Pur nelle forme di responsabilità in cui sia presunta (quale
quella dell’esercente attività pericolosa), è possibile provare
l’insussistenza del nesso de quo: lo ha sancito la terza sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione con le sentenze numero 4792 del 2
aprile 2001 e numero 10382 del 17 luglio 2002.
Il nesso di causalità tra fatto ed evento dannoso va escluso – secondo
la sentenza della Corte Suprema di Cassazione numero 1016 del 15 maggio
1967 – quando da un calcolo di regolarità statistica non emerga che
l’attività presuntivamente pericolosa si riveli poi effettivamente tale.
Molte persone che non fumano sviluppano neoplasie; molte persone che
fumano non si ammalano!
Da ultimo i giudici supremi – con la sentenza numero 4400 del 2004 –
hanno sancito che si ha responsabilità civile soltanto ove il soggetto
agente tenga un comportamento integrante la condizione necessaria
dell’evento lesivo con elevato grado di credibilità razionale e di
probabilità logica.
Il comportamento del produttore e del venditore di sigarette non integra
la condizione necessaria dell’insorgenza del cancro nei fumatori; esso
dunque non può essere fonte di responsabilità civile!
E tuttavia, cosa non considerata dal Tribunale di Napoli ed invece presa
in considerazione dalla Corte Suprema di Cassazione (seconda sezione
civile, sentenza numero 9866 del 10 ottobre 1997) – e, da ultimo, dalla
Corte d’Appello di Roma (prima sezione civile, sentenza numero 1015 del
07 marzo 2005) – in relazione ai prodotti chimici, il produttore e il
distributore sono tenuti a fornire all’utente ogni informazione utile ad
evitare conseguenze dannose derivanti dall’utilizzo degli stessi.
Chi fuma lo fa volontariamente ma non per questo il produttore e il
distributore di tabacchi possono sottrarsi all’onere di fornire
delucidazioni sulla pericolosità del fumo (principio affermato dalla
prima sezione civile della Corte d’Appello di Roma con sentenza numero
1015 del 07 marzo 2005).
Dunque, responsabilità da attività pericolosa connessa all’omessa
informazione circa i suoi pericoli: di tal guisa, il Giudicante adito
avrebbe potuto accogliere la domanda attorea.
In ordine alla seconda tipologia di responsabilità, l’attore – tuttavia
sottraendosi all’onere probatorio richiesto dall’articolo 2697 del
Codice Civile – ha attribuito la dipendenza dall’abitudine del fumo al
trattamento chimico del tabacco e all’addizione a questo di sostanze in
grado di condizionare fino all’annullamento la volontà umana.
4. La posizione del Ministero della Sanità (oggi Ministero della Salute)
Anche nei confronti del Ministero della Sanità (oggi Ministero della
Salute), la domanda attorea non ha trovato accoglimento per ragioni di
merito.
E’ stato infatti osservato che la commercializzazione dei tabacchi
lavorati è scelta non di un singolo dicastero ma dello Stato
nell’esercizio delle sue funzioni di indirizzo politico.
Il Ministero, dal canto suo, ha promosso campagne di sensibilizzazione
sui danni del fumo e disposto divieti di fumo in determinati ambienti a
tutela della salute dei non fumatori.
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