LE PRASSI BANCARIE ANATOCISTICHE
1. Cenni Preliminari 2. La
capitalizzazione trimestrale degli
interessi passivi. 3. Il computo trimestrale delle spese di
commissione massimo scoperto
1. Cenni Preliminari
Integrano prassi bancarie
anatocistiche sia la capitalizzazione
degli interessi passivi sia il computo delle spese di commissione
massimo scoperto con cadenza infrasemestrale
(trimestrale, in particolare).
2. La capitalizzazione trimestrale degli
interessi passivi
La capitalizzazione
trimestrale degli interessi passivi calcolabili su un contratto di
conto corrente bancario da parte di un istituto creditizio è
contraria a diritto.
Ciò è suffragato da numerosissimi
pronunciamenti sia della magistratura di merito sia di quella di
legittimità che di seguito saranno riportati a dimostrazione
dell’esistenza di un consolidato orientamento sul punto.
Con sentenze del § 17/12/2002 (Tribunale di Napoli);
§
28/11/2002 (Tribunale di Roma);
§
27/11/2002 (Tribunale di Napoli);
§
14/11/2002 (Tribunale di Torino);
§
23/08/2002 (Tribunale di Monza);
§
04/07/2002 (Tribunale di Milano);
§
28/06/2002 (Tribunale di Reggio
Calabria);
§
17/05/2002 (Tribunale di Latina);
§
05/03/2002 (Tribunale di Genova);
§
14/11/2001 (Tribunale di Padova);
§
25/10/2001 (Tribunale di
Firenze);
§
23/01/2001 (Tribunale di
Firenze);
§
08/02/2001 (Tribunale di Milano);
§
16/01/2001 (Tribunale di Terni);
§
02/10/2000 (Tribunale di Monza);
§
14/03/2000 (Tribunale di
Perugia);
§
21/01/2000 (Tribunale di Roma);
§
14/04/1999 (Tribunale di Roma);
§
23/02/1999 (Tribunale di Monza);
§
15/06/1998 (Tribunale di Busto
Arsizio);
§
06/03/2002 (Corte Appello di Milano);
§
22/10/2001 (Corte Appello di Lecce);
§
13/11/2001 (Corte Appello di Roma);
§
08/06/2001 (Corte Appello di Firenze);
§
16/01/2001 (Corte Appello di Roma);
§
15/01/2001 (Corte Appello di Cagliari);
§
06/08/2002, n. 11722 (Sez.
III Civile Cassazione);
§
28/03/2002, n. 4490 (Sez.
I Civile Cassazione);
§
04/05/2001, n. 6263 (Sez.
I Civile Cassazione);
§
11/11/1999, n. 12507 (Sez.
I Civile Cassazione);
§
30/03/1999, n. 3096 (Sez.
III Civile Cassazione);
§
16/03/1999, n. 2374 (Sez.
I Civile Cassazione).
è stata stabilita
la nullità della clausola del contratto di conto corrente che
prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi, per cui il
saldo passivo del conto deve essere
rideterminato sulla base degli interessi al tasso legale, con
esclusione della capitalizzazione trimestrale.
Menzionata nullità discende peraltro dal fatto
che un uso negoziale (perché previsto convenzionalmente da banche e
clienti) va a disciplinare i tassi di
interesse sui contratti di conto corrente, in dispregio all’art.
117, 6° co., d. lgs.
1 settembre 1993 n. 385, a norma del quale:
sono nulle e si considerano non apposte le
clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei
tassi di interesse e di ogni altro prezzo
e condizione praticati…
Come riportato anche dalla rivista Banca,
Borsa e Titoli di Credito, dopo una lunga, ininterrotta, sequela
di decisioni che riconoscevano esistenza e legittimità di un uso
bancario di anatocismo trimestrale (dal
1981, anzi, se ne parlava in termini di uso generale, per
tutte le operazioni bancarie attive), con le sentenze
surrichiamate, ora, dunque, la
Cassazione (ma anche, come visto, la magistratura di merito)
accoglie le obiezioni sollevate da una parte della dottrina e
della giurisprudenza di merito contro l’ammissibilità della
prassi bancaria di capitalizzazione trimestrale degli interessi
consacrata nelle condizioni generali del contratto di conto corrente
di corrispondenza consigliate dall’ABI.
Al di là dei
rilievi espressi con toni di contorno, l’argomentazione addotta
dalla Corte contraddice le basi proprie su cui si reggeva il suo
precedente orientamento. Più in analisi, le sentenze dei togati con
l’ermellino vengono a poggiare la loro decisione su una serie di
distinte notazioni che ci paiono raggruppabili nei seguenti due
ordini:
a)
non consta che all’entrata in
vigore del codice civile del 1942 vi fossero a livello nazionale usi
normativi di capitalizzazione trimestrale degli interessi
a carico del cliente di un istituto di credito, né
successivamente un uso (nazionale) di anatocismo trimestrale è stato
accertato dall’apposita Commissione Permanente presso il Ministero
dell’Industria;
b)
nella prassi bancaria di
anatocisimo manca quella spontanea
adesione ad un precetto giuridico in cui, sostanzialmente, consiste
l’opinio
iuris ac
necessitatis: l’inserimento delle
clausole prevedenti la
capitalizzazione
c)
degli
interessi ogni tre mesi a carico del cliente è acconsentito da parte
dei clienti non in quanto esse siano ritenute conformi a norme di
diritto oggettivo già esistenti, ma in quanto comprese nei moduli predisposti dagli istituti di credito, insuscettibili di negoziazione individuale e la cui sottoscrizione costituisce al tempo stesso presupposto indefettibile per accedere ai servizi bancari.
Pertanto esclusa l’esistenza di un uso
normativo bancario, la clausola (preventiva) di
anatocismo trimestrale previsto dalle condizioni generali di
conto corrente si manifesta in aperto contrasto con le prescrizioni
imperative dell’art. 1283 c.c. e dunque nulla. Si può qui
esplicitare: sia per contrarietà al termine (semestrale) minimo di
capitalizzazione, sia per contrasto con la prescrizione che
subordina la produzione di interessi su
interessi a una domanda giudiziale ovvero a una convenzione
posteriore alla scadenza della relativa obbligazione.
Si tratta ora di individuare compiutamente
le conseguenze che, per un verso o per l’altro, si accompagnano
alla dichiarazione di nullità della clausola di
capitalizzazione trimestrale.
La nullità delle clausole bancarie di
capitalizzazione trimestrale comporta, per certo, il diritto per il
cliente di ripetere i pagamenti già effettuati e quello di rifiutare
legittimamente la prestazione degli interessi
anatocistici che, in virtù della previsione contrattuale
(assunta come contraria all’art. 1283 c.c.),
sarebbero ancora dovuti.
Ne deriva allora che il centro focale della
norma sta nel diluire l’effetto di
automatico moltiplicatore dell’entità del debito tipico
dell’anatocismo, impedendo che il relativo meccanismo si renda
operante con frequenze (dal legislatore stimate) troppo elevate.
Pertanto la norma vieta una scadenza
anatocistica
infrasemestrale.
Del resto, la sentenza n. 425 emessa dalla
Corte Costituzionale in data 9-17/10/2000 ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, 3°
co., del d.
lgs. 4 agosto 1999 n. 342, nella parte in cui esso
riconosceva validità alle clausole di capitalizzazione con cadenza
trimestrale degli interessi passivi, contenute nei contratti di
conto corrente bancario stipulati anteriormente
al 21 aprile 2000 dagli istituti di credito con la propria
clientela.
Con il d. lgs. 4
agosto 1999 n. 342 era stato previsto, in sede di modifica dell’art.
120 del T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia, che
dovesse essere il CICR (Comitato
Interministeriale del Credito e del Risparmio) a stabilire
modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi
maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio
dell’attività bancaria, salvando in ogni caso – relativamente
alle operazioni compiute nei contratti di conto corrente – la
previsione della stessa periodicità nel conteggio degli interessi
sia debitori che creditori.
Orbene, l’art. 25, 3° co.,
aveva statuito che nelle more della decisione del CICR (poi avvenuta
con delibera adottata in data del 09/02/2000 ed entrata in vigore in
data del 21/04/2000) le pattuizioni
anatocistiche vigenti nei contratti di conto corrente già
stipulati dovessero conservare validità.
Sennonché la Consulta è intervenuta a
sanzionare l’eccesso di delega posto in essere
dal Governo (in violazione dell’art. 76 Cost.) rispetto alla legge
del Parlamento 24/04/1998 n. 128, che non consentiva di riconoscere
efficacia retroattiva ai provvedimenti emanati.
Peraltro, la sentenza in esame – come chiarito
da autorevole dottrina – appare volta al riequilibrio delle
relazioni banca-cliente (non vi è alcun dubbio, infatti, che – in
materia di anatocismo – nei rapporti tra
banca e cliente la sperequazione si presenti a tutto vantaggio della
banca, a causa del diverso criterio di capitalizzazione previsto
dalle clausole contrattuali rispettivamente per gli interessi a
favore del cliente e per quelli a favore delle banche).
Alla luce di quanto finora esposto, è agevole
comprendere come le somme di denaro percepite trimestralmente dalle
banche a titolo di interessi passivi,
poiché illegittime, non siano qualificabili come interessi.
Ne deriva che il diritto alla ripetizione
delle somme medesime soggiace alla
disciplina prescrizionale ordinaria ex art. 2946 c.c.
Nell’ipotesi ora trattata, si ha indebito
anche in quanto – come chiarito da Cass.
Civ. 26/05/1971 n. 1558, Cass.
Civ. 21/07/1979 n. 4398 – manca una causa originaria
giustificativa del diritto del
accipiens (la banca) a
trattenere somme di denaro del solvens
(il cliente) ex lege non spettanti.
Gioverà altresì invocare in via analogica la
sentenza Cass. Civ. 17/02/2000 n.
1778, con cui è stato statuito che il versamento di somme in
più all’INPS rispetto a quelle dovute…comporta il diritto del
versante alla restituzione delle medesime.
3. Il computo trimestrale delle spese di
commissione massimo scoperto
Il computo delle “commissioni massimo
scoperto” soggiace alla disciplina dettata per il computo degli
interessi passivi e dunque non può essere eseguito trimestralmente. A tale conclusione si risale da alcune recenti sentenze di merito.
La più vicina cronologicamente riguarda una
controversia trattata dall’avv. Paduano
del Foro di Cosenza (Trib. di
Cosenza n. 623/2002).
Ma sono altresì
importanti le sentenze
§
Trib. di Lecce n. 2598
del 08/10/1997, con cui è stato affermato che la “commissione
massimo scoperto” è una voce degli interessi passivi; § G. di Pace di Palermo del 10/12/1997, con cui la “commissione massimo scoperto” è stata qualificata come onere aggiuntivo, dunque nullo in virtù dell’art. 117 n. 4 d. lgs. N. 385 del 01/09/1993.
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