Il concetto di consumatore nella legislazione, nella giurisprudenza e nella dottrina
 


1. Cenni preliminari
2. Il concetto di consumatore nella legislazione nazionale
3. Il concetto di consumatore nella legislazione regionale e delle Province Autonome
4. Il concetto di consumatore nella giurisprudenza e nella dottrina


Cenni preliminari
La nozione del concetto di consumatore è abbastanza ampia ed ha creato notevoli problemi a quanti finora si sono cimentati nella difficile opera della sua individuazione e ricostruzione, stante la molteplicità di fonti disponibili in materia.
Sia il legislatore nazionale sia i vari legislatori regionali hanno infatti dettato disposizioni in materia di protezione dei soggetti consumatori, le quali non sempre si sono rivelate perfettamente coincidenti e corrispondenti tra loro.

Il concetto di consumatore nella legislazione nazionale
A seguito della recezione della Direttiva Comunitaria numero 13 del 1993, avvenuta in forza dell’articolo 25 della legge 6 febbraio 1996 n. 52, sono stati introdotti nel Codice Civile italiano gli articoli 1469 bis, ter, quater, quinquies e sexies (tutti collocati nel Titolo Secondo del Libro Quarto) in materia di protezione dei soggetti consumatori.
Il secondo comma dell’articolo 1469 bis del Codice Civile definisce il consumatore come la persona fisica che agisce, al fine o in occasione della stipulazione di un contratto, per iscopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
Simile definizione si presta a una ferocissima critica, concernente i collegamenti operati dal legislatore tra il consumatore e la persona fisica e tra il consumatore e un certo tipo di attività contrattuale (estranea a scopi imprenditoriali o professionali); orbene ciò ha inevitabilmente relazionato la configurabilità dello status di consumatore in capo ad un soggetto non già rispetto a caratteristiche strutturali del medesimo bensì alla posizione da costui assunta nell’ambito di un determinato contesto.
In virtù del primo dei collegamenti testé illustrati, gli enti collettivi che hanno compiuto attività contrattuale pur nello svolgimento della propria attività imprenditoriale o professionale si sono venuti a trovare privi della tutela prevista dagli articoli 1469 bis e seguenti del Codice Civile perché privi della qualifica di persone fisiche.
Ben presto questa grave situazione è finita nel mirino della Corte Costituzionale, sollecitata dal Giudice di Pace dell’Aquila con ordinanza di remissione del 03 novembre 1997 a valutare la conformità degli articoli 1469 bis e seguenti del Codice Civile al dettato del testo normativo fondamentale della Repubblica Italiana (e in particolare al disposto dell’articolo 3 contemplante il basilare principio di eguaglianza).
Il magistrato onorario abruzzese era stato adito per la risoluzione del conflitto sorto tra l’ENEL (già Ente Nazionale per l’Energia Elettrica) S.p.A. e una società in nome collettivo (che in veste di attrice chiedeva l’applicazione degli articoli 1469 bis e seguenti del Codice Civile) riguardo ad un contratto per la fornitura di energia elettrica.
La via per la sanatoria del documentato vulnus degli articoli 1469 bis e seguenti del Codice Civile sembrava aperta, sennonché i giudici costituzionali (con ordinanza numero 282, emessa in data del 24 giugno 1999) hanno dichiarato inammissibile la questione loro devoluta perché il contratto per cui era causa innanzi all’Ufficio del Giudice di Pace dell’Aquila era stato stipulato prima del 31 dicembre 1994, data prevista per l’applicazione delle nuove disposizioni consumeristiche.
Tuttavia l’esito negativo del procedimento instaurato dal magistrato onorario abruzzese non fa venir meno per il futuro la possibilità che per altri casi sorti successivamente al mese di gennaio dell’anno 1995 si possa censurare la presunta (e, per chi scrive, a ragione) difformità degli articoli 1469 bis e seguenti del Codice Civile.
Perdipiù, la nuova legge 30 luglio 1998 numero 281 in tema di disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti non ha risolto il problema, assurgendo al ruolo di specchio del passato (per dirla con un’espressione di Paolo Cendon) piuttosto che di rinnovamento positivo del quadro normativo consumeristico: l’articolo 2, infatti, definisce quali consumatori ed utenti le persone fisiche che acquistino o utilizzino beni o servizi per scopi non riferibili all'attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta.
In virtù del secondo dei collegamenti testé illustrati, gravi sono stati i problemi che sono derivati in tutte quelle ipotesi in cui alcuni imprenditori hanno acquistato, mediante l’impiego dei proventi delle rispettive attività professionali, beni in parte destinati all’utilizzo aziendale e in parte funzionali alla soddisfazione di esigenze meramente personali.
Moltissimi giudici, chiamati a pronunciarsi a riguardo, hanno negato l’applicabilità delle norme summenzionate a tali imprenditori, violando evidentemente – seppur limitatamente all’utilizzo personale dei beni de quibus – le disposizioni nelle medesime contenute).
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 20 ottobre 1999, e il Pretore di Foggia (sezione staccata di Orta Nova), con sentenza del 17 dicembre 1998, hanno in proposito distinto tra atti della professione, mediante i quali un soggetto esercita ed esplica la sua professione e di cui deve escludersi la natura di contratti del consumatore (ad esempio, l’acquisto di una macchina tipografica da parte di un tipografo), ed atti relativi alla professione, realizzati pur sempre nel quadro, nel contesto o in collegamento con l’esercizio della professione, dunque ad essa strumentali o connessi, ma che – non costituendo, quanto all’oggetto, espressione della professione medesima – devono essere trattati alla stregua di contratti del consumatore ai fini dell’applicazione della relativa disciplina (ad esempio, l’ affidamento da parte di uno scultore di una propria opera ad un vettore ai fini della partecipazione ad un concorso).

Il concetto di consumatore nella legislazione regionale e delle Province Autonome
I legislatori regionali e delle Province Autonome che si sono dotati di disposizioni in materia consumeristica hanno nella maggior parte dei casi adottato una definizione molto ampia di consumatore.
Si guardi alle leggi


§ dell’Abruzzo 31 luglio 2001 numero 30, della Basilicata 10 aprile 2000 numero 40, della Campania 03 settembre 2002 numero 19, del Lazio 10 novembre 1992 numero 44, della Liguria 01 luglio 1994 numero 30, delle Marche 16 giugno 1998 numero 15, della Sicilia 23 maggio 1994 numero 7, della Provincia Autonoma di Trento 21 aprile 1997 numero 8, dell’Umbria 10 luglio 1987 numero 34 (tutte in materia di tutela dei consumatori e degli utenti), che, all’articolo 1, definiscono quali consumatori ed utenti i cittadini fruitori di beni e servizi di godimento individuale e collettivo;


§ della Toscana 12 gennaio 2000 numero 1 (in materia di tutela dei consumatori e degli utenti) che, all’articolo 1, definisce quali consumatori ed utenti i cittadini fruitori di beni e servizi;


§ della Provincia Autonoma di Bolzano 20 maggio 1992 numero 15 (in materia di tutela dei consumatori e degli utenti) che, all’articolo 1, definisce quali consumatori ed utenti i cittadini fruitori di beni e servizi di godimento individuale o collettivo nel settore privato e pubblico.
Il legislatore dell’Emilia Romagna (legge 7 dicembre 1992 numero 45) ha invece fatto propria la definizione di soggetto consumatore già contemplata dalle fonti nazionali sopra documentate, qualificando – all’articolo 1 – come consumatore il cittadino fruitore finale e non professionale di beni e servizi.

Il concetto di consumatore nella dottrina e nella giurisprudenza
Negli ultimi tempi, la dottrina quanto la giurisprudenza sembrano andare verso il superamento di un’identificazione troppo restrittiva dei soggetti consumatori.
Con una sentenza epocale, pronunciata in data del 13 settembre 1999, il Tribunale di Terni ha definito quale consumatore ogni soggetto aderente ad un contratto il cui regolamento sia stato predisposto in modo assolutamente unilaterale da altri.
La sentenza umbra sopra considerata ha ratificato altresì l’elaborazione della categoria dei contratti dei consumatori (già ampiamente proposta dalla dottrina di Alpa e Bianca), in cui il momento della trattativa viene a mancare.
Ma se un soggetto è ritenuto consumatore perché sottoposto all’altrui potestà decisionale o volizionale, a maggior ragione devono essere inquadrati nel novero dei consumatori tutti i soggetti destinatari di atti posti in essere dalla Pubblica Amministrazione nell’esercizio del potere discrezionale che ad essa è peculiare ex lege.
Ed allora, in sintesi, sono consumatori tutti i soggetti che interagiscono con altri soggetti, sottoponendosi – consapevolmente oppure ope legis – alle condizioni dettate e alle situazioni determinate unilateralmente da questi ultimi.

 

 

 

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